Ricorsi - Studio Legale Prof. Avv. Maria Teresa Marra

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Invalidità civile: i nuovi "ricorsi"

Fino al 31 dicembre 2011 chi intendeva opporsi ad una decisione dell’INPS in materia di invalidità o di handicap presentava ricorso al Giudice, allegando memorie, documentazione sanitaria, perizie di parte. Il Giudice nominava un CTU, Consulente Tecnico dell’Ufficio, incaricato di stendere una relazione peritale che poi il Giudice acquisiva, assieme alle eventuali memorie, perizie, documentazioni della controparte. I tempi, spesso, erano molto lunghi arrivando ad alcuni anni prima della sentenza che giungeva dopo varie udienze.
La Corte dei Conti, nella sua annuale attitià ispettive nei confronti di INPS, ha rilevato che, alla fine del 2010, erano giacenti ben 362.642 cause relative all’invalidità civile. Una mole enorme. Ma la stessa Corte ha anche rilevato come l’INPS soccomba nel 57,7% dei casi (dati 2010).
Le nuove modalità di “ricorso” sembrano rispondere più a queste emergenze che alla volontà di semplificare i procedimenti o alleggerire la già sovraccarica giustizia civile.



Gennaio 2012

Dal primo gennaio 2012 cambiano dunque le regole. L’articolo 38 della Legge 111/2011, infatti, ha modificato il Codice di procedura civile, introducendo uno nuovo articolo specifico per queste situazioni: l’articolo 445 bis.
Questo articolo prevede l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio per le controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonchè di pensione di inabilità e di assegno di invalidità (la cosiddetta invalidità pensionabile).
L’obiettivo è di risolvere il contenzioso in tempi più rapidi e senza sovraccaricare la giustizia civile di ripetute udienze. Ma l’intento è teoricamente positivo.
Il Cittadino che intenda opporsi ad una decisione (esempio più frequente: un verbale di invalidità) dell’INPS, non presenta più il ricorso introduttivo per il giudizio, ma presenta, sempre al Tribunale, l’istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie che legittimano la pretesa fatta valere. Insomma non si va subito “in causa” ma si chiede una consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite. (L'accertamento tecnico preventivo esiste già nell'ordinamento italiano ma è stato introdotto per ben altre questioni che nulla hanno a che vedere con le condizioni sanitarie e con i diritti soggettivi).
L'espletamento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità. L’improcedibilità può essere eccepita dall’INPS o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Se il giudice rileva che l’accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico oppure  di completamento dello stesso.



Il procedimento

Il Giudice, all’udienza di comparizione, nomina il consulente tecnico d’ufficio. Questi deve inviare – almeno 15 giorni prima dell’inizio delle operazioni peritali  anche per via telematica – una formale comunicazione al Direttore della sede provinciale INPS competente o a un suo delegato. Inoltre, alle operazioni peritali partecipa sempre di diritto il medico legale dell’INPS.
Con una recente circolare (30/12/2011 n. 168) l’INPS indica alle proprie sedi periferiche  l’importanza che l’Istituto si costituisca in giudizio entro il decimo giorno antecedente l’udienza e e che sia presente il proprio legale fin dalla prima udienza, affinché il medico dell’Istituto possa essere immediatamente informato della data di inizio delle operazioni peritali e parteciparvi.


La consulenza tecnica

Il consulente tecnico d’ufficio, deve trasmettere la bozza di relazione alle parti (INPS e Cittadino), nel termine stabilito dal giudice. Con la stessa ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono comunicare al consulente le proprie osservazioni sulla bozza di relazione e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse.
Terminate le operazioni di consulenza, il Giudice, con decreto comunicato alle parti (INPS e Cittadino), fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio.
In assenza di contestazione, il Giudice, entro trenta giorni, omologa con decreto l’accertamento del requisito sanitario presentato nella relazione del consulente.
Il decreto è inappellabile, cioè non si possono più presentare ricorsi. Il decreto, è notificato (non sono precisati i tempi) agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
Al contrario, nei casi di mancato accordo, la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso lo stesso Giudice, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione della relazione del consulente. Da quel momento può iniziare l’iter con le udienze, e la presentazione delle consulenze di parte.
La successiva sentenza è inappellabile: per le cause di invalidità c’è un solo grado di giudizio

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